Filippo Venturi Photography | Blog

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Web Talk “Aperitivo Fotografico”

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Web Talk "Apertivio Fotografico"

Lunedì 13 aprile sono stato ospite dell’Aperitivo Fotografico organizzato da Andrea Bonavita e Roberta Invidia. Nel web talk ho parlato di fotografia, dei miei 3 progetti sul Coronavirus realizzati da casa e che sono stati pubblicati di recente (The Guardian, The Washington Post) e tanto altro.

L’incontro fa parte di una serie di web talk ospitati su #CartolinedaforliTV.
Questo il link alla pagina facebook ufficiale: Cartoline da Forlì & dintorni

 

Intervista per TeleRomagna

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Intervista per TeleRomagna

Intervista per TeleRomagna

Su TeleRomagna è uscita una mia intervista con Francesca Leoni, dove parlo di me e del mio reportage “Riders ai tempi del Coronavirus”, uscito nei giorni scorsi su “The Guardian”.

Il video è visibile nel seguente link:
I nostri “riders” sul “Guardian”, nuovo progetto fotografico di Filippo Venturi

 

Intervista su ForliToday e Corriere di Romagna

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Intervista su ForliToday e Corriere di Romagna

Oggi su ForliToday e sul Corriere di Romagna si parla di me e del mio reportage sui rider / fattorini ai tempi del Coronavirus, uscito su The Guardian ieri (di cui ho parlato nel mio blog: Pubblicazione su The Guardian).

Si tratta di un lavoro composto da 30 ritratti e 30 interviste che ho realizzato durante l’isolamento a casa a causa dell’emergenza Coronavirus, sul cancello di casa mia!

La prima pagina e l’articolo di approfondimento sul Corriere di Romagna

La prima pagina e l’articolo di approfondimento sul Corriere di Romagna

 

Pubblicazione su The Guardian

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Pubblicazione su The Guardian

Pubblicazione su The Guardian

Sul sito di “The Guardian” e sulla rivista “Guardian Weekend”, in mio nuovo progetto fotografico “Riders at the time of Coronavirus”, in questo periodo di isolamento domestico nella zona rossa in Italia.

30 ritratti e interviste a 30 riders/fattorini sul cancello di casa mia!

L’articolo online originale è qui:
‘Customers tell us to keep the change’: Italy’s delivery drivers on lockdown – photo essay

 

Un fotografia sbagliata per rappresentare l’atrocità

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The Man on the Operating Table, di Andrew Quilty

The Man on the Operating Table, di Andrew Quilty

Qualcuno di autorevole (non riporto il nome perchè lo scopo non è duellare, ma aggiungere elementi si cui riflettere) aveva criticato le mie osservazioni sull’estetica della fotografia The Man on the Operating Table, di Andrew Quilty:
«Com’è facile esprimere queste sottili letture estetiche a fronte di una tragedia! Che bella foto di morte! Benjamin scriveva che uno dei mali peggiori della fotografia è quello di trasformare la morte in spettacolo. Il guaio è che ancora oggi la fotografia di reportage vive spesso su questo equivoco.»

A cui avevo risposto:
«Credo sia inevitabile che chi ha a che fare con una disciplina, abbia una lettura come semplice spettatore, soggetto quindi al dramma a cui assiste e alla volontà di chi ha creato quella fotografia, ma anche una lettura tecnica ed estetica. Una fotografia efficace spinge l’osservatore a soffermarsi, a informarsi e a capire, e questa lo è per diversi motivi, io ne ho indicati alcuni».

A distanza di tempo ho letto alcune riflessioni interessanti del giornalista australiano Jeff Sparrow sul The Guardian, che si ricollegano all’argomento e di cui riporto un estratto:
“[…] In un dialogo fra gli scrittori Jim Lewis e Luc Sante, Lewis sosteneva che gli inviati di guerra dovevano praticare una sorta di antifotografia:
«Sinceramente non penso che l’immagine di una atrocità debba essere bella e ben composta… Dovrebbe essere composta in modo casuale, affrettato, solo stampata in modo professionale.»
Emotivamente capiamo quello che intende dire. Se è allucinante pensare a un fotografo che regola l’esposimetro tra i cadaveri e i moribondi, lo è ancora di più immaginare un esperto di fotografia che contempla accarezzandosi il mento una decapitazione perfettamente composta.
Ma a livello razionale questa obiezione non ha senso. Equivale a dire che i primi giornalisti che arrivarono ad Auschwitz avrebbero dovuto scrivere articoli sgrammaticati perchè una cattiva prosa avrebbe espresso meglio la tragica realtà.
Le pretesa di Lewis che le foto debbano essere brutte riflette una confusione piuttosto comune su quello che una macchina fotografica può o non può fare […]”

Ovviamente l’argomento non è concluso – non c’è una risposta esatta o definitiva -, e tornerà fuori ciclicamente, come è già accaduto.

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Written by filippo

8 July 2016 at 6:40 pm