Intervista per Cesena24ore
Raccontare la vita per immagini
Intervista a tutto campo al fotografo cesenate Filippo Venturi
CESENA – La Romagna è terra di creativi, noi ne siamo convinti, di artisti e di profondi spiriti illuminati dall’arte. Nelle nostre frequenti ricerche su internet ci siamo imbattuti in Filippo Venturi, fotografo professionista e “romagnolo doc” che è stato recentemente insignito di un premio per il concorso “Crediamo ai tuoi occhi”, contest organizzato dal Centro Italiano della Fotografia d’Autore.
Non ci siamo fatti scappare l’occasione di intercettarlo e di sottoporlo ad una a fastidiosa mitragliata di domande, chiedendogli come è nata la sua passione per la fotografia e che ne sarà di quest’arte, come ‘è nato il progetto con cui ha vinto il premio e cosa significa vivere in provincia… Insomma, un’intervista a tutto campo per conoscere le tante sfaccettature che caratterizzano questo professionista che volente o nolente, dà lustro col suo lavoro alla Romagna tutta.
1. Filippo sei stato insignito di un premio davvero importante… come ti senti?
Essere premiato nel concorso “Crediamo ai tuoi occhi” è uno dei riconoscimenti principali che ho ottenuto come fotografo.
Fa piacere ricevere un riconoscimento importante: è una conferma che si è lavorato bene ed è un ulteriore stimolo a continuare.
2. Quando hai deciso di concorrere?
Ho letto del bando su internet, essendo un premio importante e con una giuria di livello, ho deciso di tentare e vedere che sarebbe successo.
Sono molto soddisfatto di “In Oblivion”, così ho voluto metterlo alla prova.
3. Su cosa hai incentrato il tuo lavoro?
Il mio lavoro si intitola appunto “In Oblivion”, l’ho realizzato nel giugno 2012 a New York City.
Ho voluto raccontare il quartiere di Red Hook e i suoi abitanti, realizzando una serie di ritratti e di paesaggi, che ho poi deciso di alternare, per mettere in risalto il contrasto che emerge fra un ambiente degradato, consumato e annerito e la popolazione, in gran parte composta da giovani e artisti, che sta ripopolando l’area.
Il progetto è composto da 39 fotografie.
Sicuramente, nella realizzazione, sono stato influenzato dai lavori di maestri come Joel Sternfeld, Stephen Shore e Alec Soth.
4. Quando hai scoperto la fotografia e soprattutto com’è scattata in te l’idea di trasformarla in una professione?
Ho scoperto la fotografia un po’ tardi, a 28 anni.
In un certo senso mi sembra di essere partito con un gap di 10-15 anni e di dover recuperare. Probabilmente però è questa sensazione che dal 2008 fino ad oggi mi ha spinto a dedicare ogni attimo libero a studiare, osservare e praticare la fotografia.
La scoperta è stata un po’ banale: un giorno, vedendo alcune fotografie molto particolari su internet, mi sono chiesto “Perché non provo a farle anche io?” e lì è iniziato il mio percorso.
I primi esperimenti erano inguardabili, anche se sul momento mi sembravano ottime fotografie, per fortuna mi sono reso conto presto che dovevo educare il mio sguardo, senza impuntarmi su ciò che ritenevo bellissimo così, “a pelle”.
Col tempo ho preso sempre più sicurezza in me stesso, fino a quando ho deciso di propormi a livello professionale.
Qualcosa di simile sta avvenendo anche col video. Ho sempre amato il cinema e ultimamente ho iniziato a dedicarmi anche al video; entro ottobre dovrebbe uscire il mio primo lavoro in questo campo, il documentario “Forum Living”, di cui sono il regista, assieme a Stefania Amanti, e che ho potuto realizzare grazie al grandissimo lavoro svolto dai ragazzi della troupe (ora, tutti assieme, abbiamo creato l’Associazione Sovraesposti, specializzata nella realizzazione video).
Molto prezioso è stato il supporto tecnico-pratico dei ragazzi della Cooperativa Sunset di Forlì.
Il documentario “Forum Living” è stato pensato nell’ambito Progetto “MU.VI.TECH, Musica, Video e Nuove Tecnologie” (finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Gioventù e dall’ANCI. A livello locale questa iniziativa è stata sostenuta dal Comune di Forlì Assessorato alle Politiche Giovanili, da Techne, Materiali Musicali, Sunset Soc. coop.)
5. Vivere in una provincia credi renda ancora più difficile alle persone, in particolare ai giovani, la possibilità di trovare una propria dimensione professionale?
Vi sono dei pro e dei contro.
In una provincia la qualità della vita solitamente è migliore, i tempi meno compressi e la concorrenza meno affollata. Questo consente di cercarsi più facilmente un proprio settore dove specializzarsi o, meglio ancora, il settore di proprio interesse potrebbe essere scoperto e potrebbe attendere proprio noi.
D’altro canto i contatti con le grosse agenzie, riviste, gallerie e musei sono più semplici se vivi a Roma o Milano e da questo dipendono anche le opportunità di ricevere lavori commissionati o altre proposte.
Internet ha semplificato le cose, anche chi vive a Cesena è visibile e raggiungibile. Nonostante questo, però, è molto importante viaggiare, visitare i Festival, le mostre e così via, sia per crearsi i contatti, sia per mostrare il proprio lavoro e sia perché vedere le fotografie stampate è molto diverso dal vederle su internet, consente di apprezzare di più il lavoro altrui ed anche il proprio.
6. Cosa significa per te la fotografia?
La fotografia è un linguaggio attraverso il quale posso esprimere me stesso e posso raccontare ciò che vedo.
La fotografia è, oltre alla scrittura, il canale col quale cerco di sfogare e dare forma alle idee e le visioni che ho in mente.
Lo stesso linguaggio, professionalmente, può servire per raccontare ciò che i clienti vorrebbero esprimere.
7. Che rapporto hai con le nuove piazze virtuali dedicate alle immagini, ad esempio Flickr, Instagram…?
Flickr lo conosco bene ed è stato il primo luogo dove ho pubblicato le mie fotografie. E’ stato molto utile per vedere i lavori altrui e per i commenti. Un rischio, su Flickr, è di lasciarsi incantare da perdite di tempo come le fotografie su “Explore” o gli “HDR”.
Instagram lo conosco meno, ma questo è anche colpa del mio disinteresse per gli smartphone, che riconosco essere un errore, considerando che oggi alcuni consentono di realizzare fotografie ad una qualità buona, in modo discreto ed anche in situazioni dove non potresti mai estrarre una macchina fotografica. Sull’argomento c’è online un interessante articolo di Marco Pinna, dedicato a Michael Christopher Brown, “Se la Magnum abbraccia l’uomo dell’iPhone”.
8. Il Centro Italiano della Fotografia d’Autore nel presentare la decima edizione del concorso cita Mallarmè: “Il mondo è fatto per finire in un bel libro”, tu che ne pensi?
Credo che la citazione di Mallarmè sia la perfetta chiusura del discorso di Fulvio Merlak.
Sono convinto che gli ebook saranno destinati a sostituire buona parte dei libri cartacei di oggi, soprattutto per quanto riguarda i prodotti commerciali, di massa. Allo stesso tempo sono convinto che, assorbita la rivoluzione digitale che sta coinvolgendo la nostra generazione, la fruizione e l’interesse torneranno a seguire più fedelmente le abitudini delle persone. Il digitale ha reso facile procurarsi canzoni, libri, film e fotografie e questo ha portato a fare enormi scorpacciate a cui non è sempre seguita una maggior fruizione effettiva e con qualità adeguata.
Inoltre il supporto digitale con cui usufruiremo degli ebook, e non solo, sarò lo stesso che ci permette di comunicare istantaneamente… e il rischio è di frammentare la fruizione di qualsiasi cosa perché saremo interrotti da notifiche di email o di messaggi sui social network.
Per non tirarla troppo lunga, sono convinto che in futuro convivranno supporti digitali e “materiali” e che chi vorrà una fruizione di qualità, soprattutto nel campo fotografico, non potrà fare a meno della carta e quindi della stampa di buona qualità.
Il problema, a quel punto, diventerà l’aumento dei costi per stampare una quantità limitata di libri. Per quanto mi riguarda, si, il mondo merita di finire in un bel libro e quel libro merita un buon supporto e una buona qualità.
9. Dai un consiglio ai giovani che si affacciano al mondo della fotografia o a quanti vorrebbero farne una professione…
Studiare molto. Osservare molto. Fotografare molto.
Evitare di ascoltare i facili complimenti, seppur in buona fede.
Uno dei rischi per chi è agli inizi è quello di sottovalutare la fotografia e pensare che l’acquisto di una reflex e qualche effetto di Photoshop possano colmare le proprie lacune, ma non è così.
Fra le arti la fotografia è ancora quella più maltrattata, forse perché la tecnica si è semplificata molto e il pigiare un tasto sembra alla portata di tutti, ma anche scrivere è semplicissimo, basta una penna, ma non per questo tutti sanno scrivere buoni libri.
La tecnica è facile da apprendere, più difficile è iniziare a comunicare efficacemente con la fotografia.
Enrico Samorì (fonte)
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