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Made in Korea su FPmag

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Made in Korea su FPmag

Oggi è uscito su FPmag un bell’articolo sul mio lavoro, con un testo molto interessante di Sandro Iovine!
L’articolo originale è consultabile qui.

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filippo venturi
made in korea*

«Né io né la società siamo cambiati in meglio, siamo solo diventati più imperfetti in maniera diversa. Quando crollò il ponte sopra il fiume che tagliava in due la città, facendovi precipitare, come fosse un suicidio, un autobus pieno di studentesse che andavano a scuola, quando una mattina vidi un aeroplano schiantarsi contro un grattacielo di Wall Street, quando, seduta davanti alla televisione il primo giorno dell’anno, rimasi a guardare incredula per oltre dieci ore il Sungnyemun bruciare, avvolto dalle fiamme, mi ponevo sempre la stessa domanda: Che cosa stai facendo?»**
[ Kyung-sook Shin ]

Tra gli interrogativi posti da un lavoro iconico strutturato, uno dei più affascinanti pertiene l’estetica, rivolgendosi specialmente a una riflessione critica sulle qualità e le prestazioni della sensibilità umana. Ci si trova cioè di fronte alla tematizzazione delle modalità specifiche con cui, in quanto esseri umani, interagiamo con il mondo esterno e ne costruiamo l’esperienza attraverso il linguaggio. L’esperienza del mondo esterno è un’operazione percettiva in cui il molteplice dell’intuizione si fenomenizza nell’accordarsi spontaneo della sensibilità dello spettatore. Si raccoglie cioè intorno a un’unità estetica da cui potrà in seguito scaturire una riflessione logica.
Immaginazione e intelletto entrano in gioco nella produzione di un concetto iconico attraverso il quale si sviluppa un nuovo universo di immagini che sia interpretazione del reale. Perché questo sia possibile è però necessaria quella circolarità nello schema che implichi la possibilità di identificare un determinato elemento attraverso il riferimento linguistico, ma nello stesso tempo ne preveda la conoscenza pregressa per poter essere applicato con cognizione e flessibilità.
A fronte di un mondo poco conosciuto o sconosciuto, l’autore è così costretto a ricercare stilemi formali conosciuti per applicarli a un sostrato antropologico che è però differente rispetto a quello nell’ambito del quale li ha acquisiti. Il risultato è una narrazione dove il significato linguistico della forma impiegata assume valore di riferimento. La metonimica rappresentazione della società sud coreana contemporanea passa quindi attraverso il reperimento e l’isolamento di fattori formali che attuano significazioni ben precise all’interno della cultura occidentale e ci indicano come questa sia penetrata all’interno di quella coreana nel corso della sua fin troppo rapida e radicale trasformazione. Nel rapporto tra immaginazione e linguaggio si crea quindi il territorio all’interno del quale si annida e prende forma l’intuizione della trasformazione e contaminazione.
L’atmosfera tende a farsi quindi rarefatta, al limite dell’astrazione rispetto a un reale conosciuto, restituendo il senso di spaesamento che coglie un popolo o un individuo che vede trasformare i propri principi nell’arco di una generazione.
Quella che per il Giappone è stata la generazione del ningen shikkaku (1), figlia della sconfitta militare e dell’imposizione eterodossa di nuovi parametri di vita, per la Corea è una rivoluzione che nasce all’interno del Paese per guidare la sua trasformazione in potenza economica mondiale. Il prezzo già pagato e ancora da pagare è altissimo in termini di sacrificio individuale e collettivo, e si può riassumere in una tendenza all’alienazione individuale che si riflette a livello collettivo nell’incremento del ricorso alle pratiche di chirurgia plastica e al suicidio. 
Una strada che è già stata percorsa negli ultimi settanta anni e con esiti analoghi nelle isole al di là dello stretto di Chōzon (2).
[ Sandro Iovine ]

(*) – Made in Korea è un lavoro fotografico pluripremiato. È stato selezionato tra i Nuovi Talenti 2015 da Fondazione Fotografia Modena e ai Sony World Photography Awards 2016 nella categoria Professional/People (secondo premio). Si è inoltre aggiudicato, tra gli altri, il terzo premio nella categoria Editorial: General News al Moscow International Foto Awards 2015
(**) – Kyung-sook Shin, Io ci sarò, Sellerio Editore, Palermo, 2013; pag. 17-18.
(1) – Ningen shikkaku è il titolo di un romanzo di Osamu Dazai in cui si descrive la parabola discendente di un uomo, Ōba Yōzō, che assurge ben presto a simbolica rappresentazione del senso di perdita di valori e grande confusione morale. Confusione che ha seguito la sconfitta al termine della Seconda Guerra Mondiale con lo stravolgimento dei principi sui quali si fondava la società giapponese sia sotto il profilo giuridico, sia etico.
(2) – Lo stretto di Chōzon è il tratto di mare che separa la Repubblica di Corea dalle coste del Giappone.

Filippo Venturi – Nato nel 1980 a Cesena, è un fotografo e videomaker specializzato in lavori commerciali, documentari, reportage e ritratto.
I suoi lavori sono stati pubblicati su diversi quotidiani e riviste, come The Washington Post, Internazionale, Die Zeit, Geo Magazine, Marie Claire, Vanity Fair e Io Donna/Corriere della Sera. Collabora con diverse agenzie, sia in Italia sia all’estero, per progetti pubblicitari e commerciali. Tra i premi conseguiti ricordiamo il Fine Art Photography Awards e il PX3 Prix de la Photographie.
Made in Korea è stato esposto al Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena e al Foro Boario di Modena da Fondazione Fotografia. Il lavoro è stato pubblicato da Emuse.

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English version:

filippo venturi
made in korea*

«Neither I nor society have changed for the better, we have only become more imperfect in different ways. When the bridge over the river collapsed which cut the city in two, making you fall, as if it were a suicide, a bus full of students who were going to school, when one morning I saw an aeroplane crashing against a Wall Street skyscraper, when, sitting in front of the television the first day of the year, I remained watching in disbelief for over ten hours the Sungnyemun burning, engulfed in flames, always asking myself the same question: what are you doing?»**
[ Kyung-sook Shin ]

Among the questions posed by a structured iconic work, one of the most fascinating pertains the aesthetics, especially in addressing a critical reflection on the quality and performance of human sensitivity. You will find that in the face of thematization of the specific ways in which, as human beings, we interact with the outside world and we build experience through language. The experience of the outside world is a perceptual operation in which the manifold of intuition phenomenalises in the spontaneous agreement of the viewer’s sensitivity. It collects that is around an aesthetic unity from which may later arise a logical reflection.
Imagination and intellect come into play in the production of an iconic concept through which you develop a new universe of images, which are the interpretation of reality. For this to be possible, it is however necessary that the circularity in the scheme involves the possibility of identifying a specific element through the reference language, but at the same time foresees their prior knowledge to be able to be applied with awareness and flexibility.
Faced with a world little known or unknown, the author is thus forced to seek known formal stylistics to apply them to an anthropological substrate which is, however, different compared to that in the environment in which they were assimilated. The result is a narrative where the linguistic meaning of the form used assumes reference value. The metonymic representation of the contemporary South Korean society then passes through the findings and the isolation of formal factors that implement very specific meanings within the Western culture and show us how this has penetrated within that of the Korean one during its all too rapid and radical transformation. In the relationship between imagination and language is then created the territory within which lurks and takes shape the intuition of the processing and contamination.
The atmosphere tends to be so rarefied, at the limit of abstraction compared to the known reality, giving a sense of disorientation that captures a population or an individual who sees its own principles transformed within the space of a generation.
That which for Japan was the generation of ningen shikkaku, daughter of the military defeat and the unorthodox imposition of new life parameters, for Korea it is a revolution that is born inside the country to guide its transformation into world economic power. The price already paid and still to be paid is very high in terms of individual and collective sacrifice, and it can be summarised in an individual alienation trend, which is reflected at a collective level in the increase of the use of plastic surgery practices and of suicide. 
A road has already been travelled in the last seventy years and with similar outcomes in the islands beyond the Strait of Chōzon (2).
[ Sandro Iovine ]

(*) – Made in Korea is a multiple award-winning photographic work. It was selected among the Nuovi Talenti 2015 by the Foundation Fotografico Modena and at the Sony World Photography Awards 2016 in the category Professional / People (second prize). It has also been awarded, among others, the third prize in the category Editorial: General News at Moscow International Photo Awards 2015.
(**) – Kyung-sook Shin, Io ci sarò, Sellerio Editore, Palermo, 2013; pp. 17-18 (free translation by the editorial staff).
(1) – Ningen shikkaku is the title of a novel by Osamu Dazai which describes the descendant of a man, Ōba Yōzō, that soars quickly to the symbolic representation of the sense of loss of values and great moral confusion. Confusion that has followed the defeat at the end of the Second World War with the distortion of the principles on which is based Japanese society under both legal and ethical terms.
(2) – The Strait of Chōzon is the stretch of sea that separates the Republic of Korea from the coasts of Japan.

Filippo Venturi – Born in 1980 in Cesena, is a photographer and filmmaker specialising in commercial works, documentaries, reportage and portraits.
His works have been published in several newspapers and magazines, such as The Washington Post, Internazionale, Die Zeit, Geo Magazine, Marie Claire, Vanity Fair e Io Donna/Corriere della Sera. He works with various agencies, both in Italy and abroad, for advertising and commercial projects. Among the awards achieved are included the Fine Art Photography Awards and the PX3 Prix de la Photographie.
Made in Korea has been exhibited at the Centro Italiano della Fotografia d’Autore di Bibbiena and at the Foro Boario in Modena by the Fondazione Fotografia. The work has been published by Emuse.

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Written by filippo

23 Maggio 2016 at 11:00 am

La Repubblica parla di Made in Korea

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Oggi sul sito di La Repubblica è uscito un articolo sul mio lavoroMade in Korea“!

Il progetto è al momento in mostra al Foro Boario di Modena, fino al 10 gennaio 2016, trovate tutte le infomazioni qui: Made in Korea in mostra al Foro Boario di Modena

E’ anche disponibile in versione ebook, tutte le informazioni qui: Made in Korea, ebook

La Repubblica parla di Made in Korea

La Repubblica parla di Made in Korea

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Written by filippo

4 gennaio 2016 at 12:02 PM

Internazionale parla di Made in Korea

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Oggi sul sito di Internazionale è uscito un articolo sul mio lavoroMade in Korea“.
Sono molto felice di essere finito su una delle riviste che ritengo più interessanti :)

Il progetto è al momento in mostra al Foro Boario di Modena, fino al 10 gennaio 2016, trovate tutte le infomazioni qui: Made in Korea in mostra al Foro Boario di Modena

E’ anche disponibile in versione ebook, tutte le informazioni qui: Made in Korea, ebook.

Trovarmi inoltre accostato, per caso, al grande Gabriele Basilico mi ha provocato un sorriso ebete :D

Internazionale parla di Made in Korea

Internazionale parla di Made in Korea

Internazionale parla di Made in Korea

Internazionale parla di Made in Korea

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Written by filippo

29 dicembre 2015 at 2:59 PM

Made in Korea in mostra al Foro Boario di Modena

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Made in Korea in mostra al Foro Boario di Modena

Con molto piacere ho saputo che il mio lavoro “Made in Korea” è risultato fra i vincitori della selezione effettuata da Fondazione Fotografia Modena e sarà quindi esposto nella mostra fotografica al Foro Boario :)

Nuovi Talenti, Fondazione Fotografia
Bookshop del Foro Boario, Modena
23 dicembre 2015 – 10 gennaio 2016

Dal mercoledì al venerdì dalle 15 alle 19, sabato e domenica dalle 11 alle 19, chiuso lunedì e martedì
Per informazioni: formazione@fondazionefotografia.org, tel 059 224418. Ingresso libero

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Dal 23 dicembre al 10 gennaio il bookshop del Foro Boario ospiterà una mostra di tre nuovi talenti della fotografia ‘scoperti’ da Fondazione Fotografia Modena. Si tratta di Giovanni Matera, Emanuela Palazzi e Filippo Venturi, tutti e tre selezionati attraverso le letture portfolio riservate ai fotografi emiliano-romagnoli che si sono svolte nel finesettimana del 21/22 novembre scorso al Foro Boario. La mostra, ad ingresso libero, sarà inaugurata mercoledì 23 dicembre alle 18. L’ingresso è libero.

Giovanni Matera (1986, Gravina di Puglia), si è specializzato in scultura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, città dove tuttora risiede, per poi avvicinarsi anche alla fotografia, con studi presso lo SpazioLabò. Il lavoro che espone al Foro Boario si intitola ‘Voglio bere tutta l’acqua del mondo in una sola sorsata’ e intende documentare in maniera emotiva situazioni tratte dai ‘sottoborghi’ di Bologna: realtà spesso considerate degradate, ma pervase da grande creatività. “Queste foto sono le persone che amo, che incontro – spiega Matera -. Questo è il mio diario”.

L’idea di fondo di un diario sottende anche al lavoro di Emanuela Palazzi (1968, Cattolica), intitolato ‘Col Tempo’, che l’autrice definisce “una raccolta di frammenti di memoria, un soliloquio intessuto di dolore e desiderio”. La Palazzi ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e al CFP Albe Steiner. Affianca il lavoro di grafico alla ricerca fotografica. Nel 1998 è stata scelta per una residenza artistica presso la Djerassi Foundation in California. Nel 2003 ha vinto la borsa di studio Movin’up del Gai per un progetto da svolgere nel Vermont.

Filippo Venturi (1980, Cesena) è un fotografo e un videomaker. Ha pubblicato suoi lavori in varie riviste, tra cui Internazionale, Vanity Fair, Io Donna, Marie Claire, La Repubblica, Geo Magazine e altre riviste e quotidiani. Al Foro Boario presenta ‘Made in Korea’, un reportage sui giovani della Corea del Sud, un tempo un paese molto povero e arretrato, oggi estremamente avanzato in ambito tecnologico, in cui sono richiesti modelli estetici omologati e la competizione è fortissima a tutti i livelli. Tra gli effetti collaterali, l’alcolismo, l’isolamento sociale e un elevato numero di suicidi.

La mostra di Matera, Palazzi e Venturi sarà aperta con i seguenti orari: dal mercoledì al venerdì dalle 15 alle 19, sabato e domenica dalle 11 alle 19. L’ingresso è libero. Per informazioni: formazione@fondazionefotografia.org; tel 059 224418

Fonte: fondazionefotografia.org

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Ne parlano:

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Articoli correlati:

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Fondazione Fotografia, Foro Boario, Modena

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Written by filippo

23 novembre 2015 at 9:03 PM

Made in Korea, recensito su The Mammoth’s Reflex

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Made in Korea recensito su The Mammoth’s Reflex

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Il mio ebook Made in Korea è recensito su The Mammoth’s Reflex da Claudia Stritof :)
L’articolo originale è visibile a questo indirizzo: Made in Korea. Ecco il libro di Filippo Venturi.

The Mammoth’s Reflex è una piattaforma di contenuti dedicati al mondo della fotografia, costruita con la collaborazione di giornalisti, fotografi, blogger e appassionati che contribuiscono al progetto inviando contenuti su mostre, festival, progetti fotografici, libri, incontri, spunti di conversazione e materiali artistici.

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Made in Korea, recensito su The Mammoth’s Reflex

Come un antropologo sul campo il fotografo Filippo Venturi con il libro Made in Korea (Emuse editore) fa il resoconto visivo di quello che è stato il suo lungo viaggio intrapreso meno di un anno fa nella Corea del Sud, partendo dalla capitale Seoul per poi scendere fino a Busan.
Un libro che mette in luce le contraddizioni interne di un paese che fino a cinquanta anni fa è stato afflitto da carestie e «oppresso da dominazioni straniere e dittatori», ma che oggi è diventato uno dei paesi economicamente più avanzati al mondo grazie al considerevole sviluppo tecnologico.
Contraddizioni che riemergono con forza negli scatti di Filippo Venturi in cui una ragazza osserva con attenzione un cartellone pubblicitario di una clinica di bellezza, dei ragazzi ben vestiti dormono con la testa appoggiata su dei tavoli di un pub, mentre un gruppo di persone, senza mai distogliere lo sguardo dal proprio smartphone, siede in un centro commerciale di fronte alla riproduzione della fontana di Trevi.

Il libro di Venturi è uno spaccato su un mondo in perenne evoluzione, in bilico tra natura e artificio, alla ricerca di un sogno che spesso assume i connotati di un vero e proprio incubo, dove lo stereotipo dilaga e la ricerca del nuovo e del bello diventa canone da dover rispettare rigorosamente per poter far parte a tutti gli effetti del sistema sociale, in cui i primi a farne le spese sono proprio i coreani.

In poco tempo la Corea è diventato un paese all’avanguardia in campo tecnologico se si pensa alle grandi multinazionali come Hyundai, LG e la Samsung, “il più importante gruppo industriale del paese e un colosso che da solo genera un quinto del PIL coreano“, i ritmi di crescita economici sono forsennati e altrettanto quelli dei suoi abitanti che vengono spronati a studiare a ritmi serrati fin da piccoli perché “una persona senza istruzione è come una bestia che indossa abiti”. L’incremento delle ore di studio è proporzionale alla crescita dei ragazzi e un popolare detto, riferito specialmente agli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori, afferma “se dormi tre ore al giorno potrai riuscire a entrare in una delle SKY [Seoul National University, Korea University e Yonsei University], se dormi quattro ore al giorno potrai riuscire ad entrare in un’università, se dormi cinque ore al giorno scordati l’università”.
All’eccellenza intellettuale si lega la cura per il corpo, ed ecco che la città mette a disposizione dei suoi abitanti attrezzature sportive negli spazi pubblici e se questo non dovesse bastare per rientrare nei giusti canoni, che spesso si richiamano a quelli occidentali, ci pensa la chirurgia estetica, quasi un’ossessione per i coreani, tanto che piccoli interventi chirurgici vengono regalati dai genitori per la promozione all’università dei propri figli.
Made in Korea è un’indagine realizzata con attenzione e analisi critica dal fotografo Filippo Venturi, e in quanto tale apre un ampio ventaglio di interrogativi riguardo agli effetti che questa “rincorsa alla modernità, al progresso tecnologico e industriale, mediante una smisurata competizione, nella ricerca della perfezione estetica, scolastica” e professionale ha portato con sé, tra questi la dipendenza da internet e dalla tecnologia, tanto che il parlamento ha varato una legge per impedire agli “adolescenti al di sotto dei 16 anni di giocare ai videogame online da mezzanotte alle sei del mattino”, a cui si aggiunge la dipendenza da alcol e un elevato tasso di suicidi, che coinvolge specialmente gli studenti.

Quello di Filippo Venturi è un racconto fatto di immagini vivide e dirette, che mette in luce usi e costumi di un paese alla ricerca di sé stesso, perché come afferma Confucio “solo i più saggi o i più stupidi degli uomini non cambiano mai“, ma sta agli uomini stessi decidere quale strada e indirizzo dare ai propri cambiamenti, ben vengano i primati ma se questi non sono ottenuti a costo della perdita dell’identità e della propria natura, poiché “la nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, bensì nel rialzarci ogni volta che cadiamo”.

Il libro Made in Korea, è edito da emuse, e all’interno sono contenuti due interessanti saggi critici scritti da Silvia Camporesi e Davide Grossi.

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Written by filippo

6 novembre 2015 at 11:03 am