Made in Korea su FotoIT
Su FotoIT di aprile c’è un bell’articolo di Francesca Lampredi sul mio lavoro Made in Korea!
L’articolo è in conseguenza del 1° premio che il lavoro si è aggiudicato nel Concorso di Lettura Portfolio “6° Portfolio dello Strega 2015” di Sassoferrato (AN).
Di seguito un estratto dell’articolo, che accompagnava il mio progetto nella mostra che si è svolta al Centro Italiano della Fotografia d’Autore:
Mentre l’Occidente sta tramontando, assumendo sempre più l’aura di una romantica rovina, di un paese dominato da un passatismo che divora presente e futuro, la Corea del Sud emerge come uno dei paesi più moderni del mondo, una tra le più potenti 4 Tigri dell’Asia orientale.
Filippo Venturi ritrae la Corea del Sud come un paese postmoderno, dove non ci sono accenni al passato rurale, ai pescatori, all’epoca del colonialismo giapponese. La concezione di passato e memoria viene distrutta, celata dai cromatismi patinati della nuova società, creando un microcosmo apparentemente autonomo dalla temporalità, dominato da un eterno hic et nunc.
Un mondo che ha adottato l’universo mitologico dell’Occidentale American Dream, come proprio modello, plasmandone un’ immagine iperbole. Fortemente caricaturali risultano i body builder, le chiome fulve da starlette di Hollywood delle parrucche indossate da manichini in serie, le modelle coreane dei cartelloni pubblicitari. Un mondo dove l’enfasi dei caratteri estetici del significante sostituisce il significato stesso.
Filippo Venturi sottolinea le dicotomie di questo mondo attraverso una fotografia estremamente pulita, senza mai risultare eccessiva, isolando in alcuni contesti i personaggi. Come in una Sinfonia metropolitana, l’occhio di Venturi esplora i luoghi della società coreana e lo stile di vita dei suoi abitanti attraverso il lavoro e il tempo libero.
Gli ambienti moderni, eccessivamente ordinati ed asettici, ospitano una collettività che non riesce più a comunicare né a riconoscersi, che soffre di eccesso di individualismo, di solitudine abissale, di alienazione e a cui conseguono gesti autodistruttivi, come l’abuso di alcool.
La forza di Venturi è anche quella di svelarci che, scavando in profondità, una memoria esiste ancora, in un daino che attraversa un prato e nel rigore degli sguardi dei coreani; lo stesso rigore dei pescatori nelle belle foto in bianco e nero dell’epoca colonialista di inizio Novecento. Il passato non si cancella, neanche quando lo si rifiuta.
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