La solitudine del metafisico
Fu al museo di Villa Borghese, una mattina davanti ad un quadro di Tiziano, che ebbi la rivelazione della grande pittura: vidi nella sala apparire lingue di fuoco, mentre fuori, per gli spazi del cielo tutto chiaro sulla città, rimbombò un clangore solenne, come di armi percosse in segno di saluto e con il formidabile urrà degli spiriti giusti eccheggiò un suono di trombe annuncianti una resurrezione.
Capii che qualche cosa di enorme avveniva in me. Fino ad allora, nei musei, in Italia, in Francia, in Germania, avevo guardato i quadri dei maestri e li avevo sempre visti così come li vedono tutti: cioè come “immagini dipinte”. Naturalmente, quello che allora mi fu rivelato al museo di Villa Borghese, non era che un principio. In seguito con lo studio, il lavoro, l’osservazione e la meditazione, ho compiuto progressi giganteschi e così ora la pittura per me è un fenomeno tale che quando vedo gli altri, quelli che ancora non sanno, quelli che ancora arrancano nel buio e si affannano in mille modi per salvare la faccia, per ingannare il prossimo e loro stessi, e non riuscendo a nulla sono infelici ed essendo infelici sono cattivi, allora, dico, quando vedo questo triste e penoso spettacolo, una grande pietà mi prende per quei miseri e vorrei potermi offrire in olocausto, vorrei poter porgere a quei derelitti il mio petto nudo e gridar loro: “Picchiate! Picchiate! Sfogatevi!”. E abbracciarli vorrei e baciarli e con essi piangere vorrei e singhiozzare, e tra un singhiozzo e l’altro, per farli felici, giurar loro solennemente di non dipinger più!
– Giorgio de Chirico, estratto dall’autobiografia “Memorie della mia vita” (Europeo dicembre 2010)
Un bel tipo, De Chirico.
Quasi sempre preciso è l’accostamento tra l’essere infelici e il diventar cattivi e invidiosi, mentre significativo è il fatto che si ammetta di essere infelici, ma mai cattivi o invidiosi. Il male non ammette di essere malvagio neppure nelle cause della sua malvagità.
Massimo Vaj
5 April 2011 at 1:08 pm