È morta Fernanda Pivano
Ieri, mercoledì 19 agosto, è morta Fernanda Pivano.
Nel periodo in cui lessi tutto ciò che si trovava tradotto in italiano di Charles Bukowski (probabilmente il mio scrittore preferito) ad eccezione delle poesie, conobbi Fernanda Pivano.
La ritrovavo in diversi siti dove cercavo informazioni su Bukowski e in qualche introduzione dei suoi libri; in particolare la ricordo nel volume “Quello che importa è grattarmi sotto le ascelle”, dove intervistava lo scrittore americano.
Ha avuto una vita lunga, ha avuto una vita intensa, dove ha potuto dedicarsi alla propria passione e conoscere alcuni degli scrittori più importanti del 1900.
La invidio.
Fernanda Pivano ha contribuito ininterrottamente alla diffusione e alla conoscenza critica degli scrittori contemporanei più significativi d’America in Italia: da quelli del dissenso “negro”, come Richard Wright, a quelli del dissenso non violento degli anni Sessanta (Allen Ginsberg, Jack Kerouac, William Burroughs, Gregory Corso e Lawrence Ferlinghetti), l’autore della dissacrazione del sogno americano Charles Bukowski, fino a giovani autori come Jay McInerney, Bret Easton Ellis, David Foster Wallace, Chuck Palahniuk e Jonathan Safran Foer. (Fonte: it.wikipedia.org)

Fernanda Pivano e Charles Bukowski
L’ultimo testo scritto per il corriere nel giorno del suo 92esimo compleanno
La mia giovane vecchiaia e il dono di Gore Vidal
Questo è l’ultimo intervento di Fernanda Pivano scritto per il Corriere della Sera. E’ stato pubblicato il 18 luglio di quest’anno, giorno del suo 92esimo compleanno. E’ un testo dedicato agli interrogativi posti dalla vecchiaia, ai ricordi e alla nostalgia degli anni della gioventù, nei quali si innamorò della nuova letteratura americana, i cui autori proprio lei contribuì a far scoprire con le sue traduzioni.
Ah, la vecchiaia. Gli anni che pesano. Le parole cariche di amara rassegnazione di Guido Ceronetti, alle quali ha risposto con affettuoso ottimismo Arrigo Levi, mi hanno costretto a pensare, ancora una volta, alla mia di vecchiaia. A interrogarmi. E a scavare un po’ nella memoria.
Mi è tornata in mente Alice B. Toklas che a quasi ottant’anni aveva uno strano modo di giggling, di fare una risatina silenziosa stringendosi nelle spalle, come una ragazzina. Regale e tenerissima, era molto premurosa nei miei confronti, forse a causa dell’ ammirazione che avevo dimostrato per Gertrude Stein con cui aveva condiviso molti anni della sua vita. Nell’ aprile 1954 Alice era venuta a trovarmi nella mia casa di via Cappuccio a Milano, città a lei piuttosto sconosciuta, per «vedere» dove e come abitavo. Si era molto rassicurata quando aveva visto la terrazza deliziosa che dava sul parco di non ricordo che cardinale con la deliziosa vista sulle montagne lontane, illuminate dal tramonto rosato.
Allora ero giovane, con il sangue che scorreva veloce nelle mie vene. Solo molti anni dopo ho capito il coraggio che i ragazzi possono dare a chi è già vecchio. Ho molta nostalgia di quegli anni. Ma mi consola chi viene a farmi autografare i libri di Ernest Hemingway, di Jack Kerouac, di Gregory Corso, di Allen Ginsberg, di tutti gli autori che hanno permesso loro di sognare e che io sono orgogliosa di poter dire di aver contribuito a far conoscere. A questi sognatori ricordo sempre che devono ringraziare la follia di Gregory, la visioni di Ti Jean, le preghiere di Allen e tutti i miei amici che se ne sono andati. E che rimpiango. Tutti loro hanno raggiunto gli immensi spazi profumati dell’ eternità quando al massimo avevano compiuto settant’ anni. Troppo presto.
Ma se penso ad Henry Miller, penso che anche un genio come lui se n’ è andato troppo presto. E di anni ne aveva 88. Non ho mai voluto accettare le malattie dell’ età e ne ho le scatole piene di dover prendere tutte queste pastiglie che i medici mi prescrivono. Ho sempre cercato di vivere di passioni e tutto questo mi riporta solo alla disperazione dei miei 92 anni, con le vene che non reggono la pressione di una semplice iniezione. Ma grazie a Dio ci sono questi ragazzi di 18 anni che mi mandano le loro poesie, i loro racconti, i loro auguri e mi chiedono suggerimenti su come fare a superare le tragedie della vita. Ahimè. A 92 anni ancora non so cosa rispondere. Dico loro di sperare. Di battersi per vivere in un mondo senza guerre volute solo da capitani ansiosi di medaglie. Di sorridere senza il rimorso di non aver aiutato nessuno. E proprio questi giovani sono una grande, meravigliosa, consolazione. Il segno che qualcosa di ciò che hai fatto ha lasciato un piccolo segno, un piccolo seme.
Posso confidarvi che l’ ultima volta che ho incontrato Gore Vidal per la presentazione di un suo libro, nel gennaio 2007, io ero appena uscita da un ricovero in ospedale e lui camminava aiutandosi con un bastone. Ma a cena, quando gli ho chiesto cosa potremmo fare insieme, lui mi ha risposto: «Let’ s make a baby – facciamo un bambino». Forse è questo il segreto per riuscire a sopravvivere anche a questa età. Forse è questo il segreto del vecchio Suonatore Jones dello Spoon River caro alla mia giovinezza «che giocò con la vita per tutti i novant’anni»
Fernanda Pivano
Fonte: corriere.it
La nota scrittrice aveva 92 anni
L’ambasciatrice della “beat generation” ci ha lasciato orfani in una calda notte di agosto. Fernanda Pivano è morta in una clinica di Milano, dove era ricoverata da tempo. Giornalista, scrittrice, traduttrice e critica musicale, nota per aver contribuito a diffondere in Italia gli autori della beat generation, aveva da poco compiuto 92 anni. I funerali si svolgeranno probabilmente venerdì prossimo, a Genova, dove era nata il 18 luglio 1917.La sua attività poliedrica l’ha portata ad essere testimone di avvenimenti e personaggi letterari profondamente radicati nella cultura del secolo passato. Fernanda Pivano è stata una figura di rilievo nella scena culturale italiana, protagonista e testimone dei più interessanti fermenti letterari del secondo novecento, amica, ambasciatrice e complice di autori leggendari, da Hemingway a Kerouac, da Edgard Lee Masters a Scott Fitzgerald.
Da Genova si trasferì adolescente con la famiglia a Torino dove frequentò il liceo classico Massimo D’Azeglio. Nel 1941 si laurea in lettere con una tesi in letteratura americana sul capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, che viene premiata dal Centro di Studi Americani di Roma.
Nel 1943 pubblica per Einaudi la sua prima traduzione, parziale, della Spoon River Anthology di Edgar Lee Masters, lavoro che segna l’inizio della carriera letteraria sotto la guida di Cesare Pavese, già suo professore al liceo. Nello stesso anno si laurea in filosofia con Nicola Abbagnano, di cui sarà assistente per diversi anni.
Nel 1948, a Cortina, Fernanda Pivano incontra Ernest Hemingway con il quale instaura un intenso rapporto professionale e di amicizia. L’anno successivo la Mondadori pubblica la sua traduzione di “Addio alle armi”. Negli anni seguenti curerà la traduzione dell’intera opera di Hemingway, intensificando l’amicizia con lo scrittore americano, del quale sarà più volte ospite in Italia, a Cuba e negli Usa.
“Non ho fatto niente per arrivare a 91 anni, un giorno mi ha detto che li avevo”, ironizzava prima del suo novantaduesimo compleanno, festeggiato lo scorso 18 luglio. La pace e la libertà sono state sempre il suo faro, dagli anni del liceo d’Azeglio a Torino frequentato da Primo Levi e con Cesare Pavese come insegnante dove conobbe l’antifascismo e la resistenza, al suo arresto quando le SS tedesche in una retata da Einaudi trovarono il suo contratto per la traduzione di Addio alle armi, il libro di Hemingway proibito dal governo fascista; all’Antologia di Spoon River, tradotta di nascosto, agli anni delle manifestazioni contro la guerra in Vietnam.
Il cordoglio di Napolitano
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha inviato alla famiglia Pivano un messaggio di cordoglio: “Apprendo con commozione la triste notizia della scomparsa di Fernanda Pivano, fine intellettuale, protagonista della cultura italiana”. “Fernanda Pivano ha dato un contributo straordinario alla capacità della cultura italiana di tessere e coltivare rapporti che hanno arricchito il nostro patrimonio”, ha scritto il capo dello Stato.
Fone: tgcom
Teatro Binario 7, 15 – 16 gennaio
LA CANZONE DI NANDA
Giulio Casale
uno spettacolo di teatro-canzone
dai Diari 1917-1973 di Fernanda Pivano
di e con Giulio Casale
scenografia e immagini di Lucio Diana
regia di Gabriele Vacis
produzione AGIDI
Biglietto: Intero € 18; Ridotto € 12; Under18 € 6
Le date in programma:
sabato, 15. gennaio 2011
Inizio Spettacolo ore: 21:00
PRENOTA
domenica, 16. gennaio 2011
Inizio Spettacolo ore: 16:00
PRENOTA
domenica, 16. gennaio 2011
Inizio Spettacolo ore: 21:00
PRENOTA
“Nanda dice:
America, metà anni cinquanta: è lì e in quel momento che nascono i giovani, prima non c’erano veramente… o se c’erano nessuno se li filava. Contavano gli anziani, i saggi, solo i vecchi avevano voce in capitolo”
“Ma Nanda dice:
Sempre in America, sempre metà degli anni cinquanta, altri giovani, invece di cavalcare mode e conformismi imposti dal mercato… resistono. Resistenza passiva a tutti i condizionamenti imposti dalla società costituita. Questi, gli altri, sono beat…”
Lo spettacolo di Giulio Casale è dedicato a una delle figure principali del panorama culturale italiano, la scrittrice e traduttrice, scomparsa nell’agosto 2009, Fernanda Pivano. La canzone di Nanda ripercorre le tappe di un’avventura lunga quasi un secolo attraverso i Diari 1917-1973 (opera pubblicata da Bompiani) e i racconti originali che la Pivano ha fatto a Casale negli anni della loro frequentazione, dando così vita
ad un affresco poetico ricco di figurazioni e melodie.
La narrazione è accompagnata da immagini inedite e sottolineata da momenti musicali che attraverseranno le tappe più importanti della letteratura americana, da Hemingway ai giorni nostri, soffermandosi in particolare sulla beat generation.
Un tributo, dunque, che riporta in scena la Nanda stessa e la sua passione per la letteratura, la musica, la libertà.
“La canzone di Nanda – dichiara Giulio Casale – è uno spettacolo di teatro canzone e nasce dall’idea di unire i tanti amici e i tanti amori artistici di Fernanda Pivano attraverso una drammaturgia che contenga non solo i riferimenti ai grandi poeti, scrittori, artisti, ma anche le canzoni più rappresentative di un’epoca, che segnano anche i tempi della narrazione scenica. Questo lavoro nasce perché credo che la lezione libertaria e pacifista di Fernanda Pivano, vera selezionatrice di momenti eccellenti in letteratura e nell’arte in generale, sia quanto mai urgente oggi”.
Teatro Binario 7 – Via Turati 8, 20052 Monza
Telefono: 039.2027002
Fax: 039.2230419
e-mail: biglietteria@teatrobinario7.it
http://www.teatrobinario7.it
Orari:
lunedì – venerdì dalle ore 15.00 alle ore 18.30
Nei giorni di spettacolo:
Giovedì, Venerdì e Sabato: dalle 19.00
Domenica: dalle ore 14.30 alle 16.30 e dalle 19.00
I biglietti prenotati dovranno essere ritirati nei giorni e negli orari di apertura della biglietteria e, tassativamente, entro 1 ora prima dell’inizio dello spettacolo.
teatro binario 7
22 dicembre 2010 at 9:42 am