Il caso Alitalia

Dopo 10 mesi, perdendoci oltre 4 miliardi di Euro, abbiamo dato Alitalia ad Airfrance, in realtà si tratta solo del 25%, ma quando fra pochi anni (se non mesi) Alitalia diventerà completamente francese a noi italiani non spetterà un soldo, finiranno tutti nelle tasche degli imprenditori truffaldini che avrebbero dovuto salvare l’italianità dell’azienda.
Posso udire il rumore liquido dello sfregamento della mano di Spinetta sul proprio prepuzio.
DIECI mesi dopo, con quasi lo 0,3 per cento di pil sottratto ai contribuenti e 7.000 posti di lavoro in meno, Alitalia torna a parlare francese.
In questi 300 giorni gli italiani hanno visto franare il prestito ponte di 300 milioni di euro concesso quasi all’unanimità dal Parlamento italiano. Oltre a perdere così un milione al giorno, i contribuenti si sono accollati i debiti contratti dalla bad company per quasi tre miliardi.
Il conto pagato dal contribuente è, dunque superiore ai 4 miliardi di euro, più o meno un terzo di punto di pil, quasi due volte il costo della social card e del bonus famiglia messi insieme.
Sarà Air France-KLM l’azionista di maggioranza, in grado di decidere vita, morte e miracoli della compagnia sorta dalle ceneri di Alitalia.
La composita cordata italiana ha dovuto subito rinunciare all’italianità della compagnia perché non era da sola in grado di far decollare neanche il primo aereo, previsto in volo sui nostri cieli il 13 gennaio prossimo venturo.
Conti fatti, è soprattutto Air France dunque ad aver fatto un affare. Rileva una compagnia più leggera di 7000 dipendenti rispetto a quella che avrebbe acquisito nel marzo scorso, che ha nel frattempo assunto una posizione di monopolio nella tratta più redditizia (Milano-Roma) versando molto meno di quel miliardo su cui si era impegnata solo 10 mesi fa.
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